Cammino spirituale, Commenti alle Scritture

Come può “amare” essere un comandamento?

Amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza.

(Mc 12,30)

Amare Dio è il primo dei comandamenti, il più importante di tutti. Gesù stesso, interrogato dagli scribi su quale sia il comandamento principale, fornisce questa chiarissima risposta.

Amare è dunque un comandamento. E qui può sorgere spontanea la domanda: e se io non amo? Se amare è inteso come un sentimento, un impulso interiore che spinge ad agire oltre al dovuto, come lo posso definire un obbligo?

Se amo, amo. Se non amo, non amo. Non è una cosa che dipende dalla volontà, quindi come può essere un comandamento?

Questo dubbio sorge, in realtà, perché si è smarrito il vero significato di amore, dell’Amore con la “A” maiuscola come lo intende Dio.

Il vero Amore, infatti, non è una mera forma di sentimentalismo che svanisce insieme alle stagioni. Non è una sensazione “di pancia” che non si sa da dove venga e dove sia diretta.

L’Amore vero è molto (ma molto) di più.

Dobbiamo tristemente constatare che l’uomo oggi si smarrisce tanto facilmente proprio perché, avendo perso ogni interesse verso la propria anima, è diventato un animale che vive solo di sensazioni.

Ha bisogno continuamente di avere, toccare, fare, vedere, ascoltare. Si imbeve senza sosta di esperienze, che devono essere sempre nuove perché la fame non cessa mai.

L’uomo moderno non conosce pace perché la cerca altrove, al di fuori di sé, mentre il vero luogo ove occorre mettere pace è l’interno, è la propria anima.

Si lascia plagiare e rintronare da continue immagini e rumori, non sa più restare in silenzio (come splendidamente descritto dal Card. Sarah nel suo libro “La forza del silenzio“).

In questo stato di caos, di movimento convulso continuo, anche l’amore è diventato merce di scambio; si è svilito sino a diventare un banale moto istintivo che non viene coltivato, viene lasciato morire e, appena muore, si corre alla ricerca di altro.

È evidente che questo non può essere amore.

Tutti, infatti, rimangono impressionati dall’amore eterno. Sempre meno persone però credono che esista (perché loro per prime non intendono sforzarsi per renderlo possibile), sempre più persone confondono l’amore con la sensualità (che può far parte dell’amore ma non ne è il fulcro).

È il risultato di una mentalità materialista che sta creando una popolazione omologata, superficiale, consumistica e – sostanzialmente – infelice. Incapace di convivere con il proprio io, incurante della propria anima.

Perché, dunque, l’amare Dio è un comandamento?

Perché amare Dio non significa coltivare un sentimento che fa palpitare il cuore senza un’apparente ragione. Anche questa fase può far parte del cammino spirituale e, anzi, generalmente è proprio all’inizio del percorso di fede che si sperimenta questo tipo di gioia.

Ma è solo una fase, null’altro che il preludio a ciò che verrà dopo. Dopo, infatti, arrivano le prove. Prove che spesso è Dio a mandare, per “testare” la nostra fede, per capire se è fede vera o se è, appunto, un mero sentimento passeggero.

In che cosa consiste amare Dio?

Se uno mi ama, osserverà la mia parola.

(Gv 14,23)

Amare non è un sentire ma un fare.
In che cosa si traduce il vero amore, se non nel voler far felice colui che si ama?

Chi vuole amare Dio è già sulla strada dell’Amore, perché ha già preso quella decisione necessaria per intraprendere il cammino. Ed è infatti questa decisione, insieme alla ferma risoluzione di andare avanti, che rendono possibile il progresso spirituale.

Dio ci chiede un atto di volontà. A quella volontà sarà Lui ad aggiungere tutto ciò che serve, al tempo opportuno, per istruire nell’Amore.

Per questo non ci sono scuse. Non ci si può giustificare dicendo “non posso farci nulla se non provo amore per Dio”, “non posso farci nulla se non credo”.

La fede è una decisione.
San Giovanni Paolo II

La fede è una decisione che si traduce in azioni concrete, nell’impegno costante per conoscere e quindi adempiere la volontà di Dio.

Chi non mi ama non osserva le mie parole.
(Gv 14,24)


Dio non vuole complicarci la vita inutilmente. Anzi, ci fornisce tutte le informazioni necessarie per vivere bene e non chiede nulla che vada al di là delle nostre capacità:

Questo comando che oggi ti ordino non è troppo alto per te, né troppo lontano da te. Non è nel cielo, perché tu dica: Chi salirà per noi in cielo, per prendercelo e farcelo udire e lo possiamo eseguire?”
(Deuteronomio 30, 11-12)

“Anzi, questa parola è molto vicina a te, è nella tua bocca e nel tuo cuore, perché tu la metta in pratica.
(Dt 30,14)

Vedi, io pongo oggi davanti a te la vita e il bene, la morte e il male;
poiché io oggi ti comando di amare il Signore tuo Dio,
di camminare per le sue vie,
di osservare i suoi comandi,
le sue leggi e le sue norme,
perché tu viva e ti moltiplichi
e il Signore tuo Dio ti benedica
nel paese che tu stai per entrare a prendere in possesso. 

(Deuteronomio 30, 15-16)


Questi versetti confermano che Dio ci parla, ci ha lasciato le Scritture proprio perché attraverso queste possiamo conoscere Lui e capire il percorso da intraprendere.

Le stesse parole vengono riprese da Gesù, che prosegue “Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi mi ama.” (Gv 14,21).

Il vero cristiano, dunque, non è colui che avverte questo inspiegabile trasporto verso Gesù (che può sussistere come no, a seconda delle circostanze e dello stadio nel cammino spirituale in cui ci si trova), ma è colui che compie ogni sforzo per fare la volontà di Dio.

Umanamente, è vero, possiamo fare ben poco. Ma Dio prende i nostri miseri sforzi e ci fornisce tutti gli aiuti di cui abbiamo bisogno, se glielo lasciamo fare (=se glielo domandiamo costantemente nella preghiera).

Questo vale non solo per gli obblighi di fare, ma anche per quelli di non fare, ed in particolare il non cedere alle tentazioni.

È con le battaglie contro l’inferno e la resistenza alle tentazioni che diamo prova a Dio del nostro amore.
San Giovanni Maria Vianney, Curato d’Ars

Come dice Sant’Alfonso Maria de Liguori, non serve a nulla desiderare Dio, desiderare di farsi santi, se poi non si mette mano all’opera.

Sono inutili tanti discorsi sull’amore, sulla fede, su Dio stesso, se poi non ci si converte, se non si mette Gesù al centro della propria esistenza trovando ogni volta una scusa diversa.

Sono altrettanto inutili tanti adempimenti che ci piace chiamare “buone azioni”, se le facciamo per noi stessi, per far vedere che siamo buoni e generosi, per ottenere la gratitudine di qualcuno.

Attenzione allora a non ridurre il cristianesimo ad una filosofia di vita il cui comando principale è “aiuta il prossimo” sempre e comunque, senza neanche chiederti quale sia il significato dell’espressione “ama il prossimo” e senza chiederti quale sia il vero bene.

Il primo comandamento, il più importante di tutti, è amare Dio con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutta la forza.

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